La rapidità con la quale è balzata sulla ribalta internazionale e la perentorietà con la quale si è affermata in campo agonistico, instaurando un autentico predominio, fanno della Mondial una azienda assolutamente unica. La prima stagione di gare a livello internazionale con la 125 che aveva esordito l’anno precedente ha coinciso con la conquista del titolo mondiale. Questo è avvenuto nel 1949 con una moto che ha davvero mostrato la strada a tutte le altre. Prima si pensava che nelle piccole cilindrate i motori a due tempi fossero imbattibili, ma l’apparizione del bialbero bolognese ha immediatamente rovesciato i valori in campo. Altrettanto straordinario è stato il fatto che l’inizio della produzione di modelli di serie sia avvenuto praticamente “a furor di popolo”. La F.B. (l’acronimo sta per Fratelli Boselli) aveva cominciato a fabbricare motocarri a metà degli anni Trenta. Gli uffici e il magazzino erano a Milano, mentre la costruzione avveniva a Bologna. Dopo la guerra la produzione era ripresa rapidamente. L’ingresso nel mondo delle moto era avvenuto nel 1948, in seguito alla realizzazione, da parte di Alfonso Drusiani, con il validissimo supporto di Marcello Laurenti e di Nerio Biavati, di una 125 da competizione a quattro tempi con distribuzione bialbero. Nell’officina di Drusiani, in via Milazzo, venivano fabbricati i motori per la F.B.. Giuseppe Boselli, grande appassionato dello sport motociclistico, si è accorto subito della straordinaria validità della nuova moto e si è affrettato ad acquistarla, unitamente al relativo progetto. L’esordio in gara è avvenuto con il marchio F.B. Mondial sul serbatoio. Questa moto ha conquistato il titolo mondiale nel 1949, 1950 e 1951. Oramai il marchio era sulla bocca di tutti e gli appassionati premevano per poter acquistare modelli di serie prodotti dalla stessa azienda. La storia della Mondial come casa costruttrice di moto stradali è cominciata così. La prima è stata una 125 con forcella a parallelogramma e sospensione posteriore a ruota guidata, azionata da un motore con distribuzione ad aste e bilancieri che erogava 6 cavalli a 6000 giri/min. Tra le caratteristiche più interessanti spiccavano l’adozione di un basamento a tunnel, analogo come disegno a quello della 125 da Gran Premio, e l’impiego di un cilindro in lega di alluminio con canna riportata (all’epoca in questa cilindrata dominavano i cilindri in ghisa). L’azienda però non disponeva di strutture produttive adeguate per una produzione in serie. Dall’officina di via Milazzo, intensamente impegnata con la costruzione e lo sviluppo delle moto da competizione (a quelle ufficiali si stavano per aggiungere quelle per i piloti privati), non potevano certamente uscire modelli destinati ad essere fabbricati in grandi numeri. I fratelli Boselli però, piuttosto che costruire un grande stabilimento, hanno preferito appoggiarsi ad aziende esterne, di fiducia, per fare costruire i loro motori, e in diversi casi anche le moto complete. Gli uffici sono rimasti a Milano, mentre per la fabbricazione dei motori sono entrate in gioco dapprima aziende come la ORAM e la Aerocaproni (di Trento) e quindi le officine Rocca e Michelini di Bologna, con le quali la collaborazione è stata intensa e prolungata. A Milano è stato anche preso in affitto un grande capannone per l’assemblaggio delle moto, in via San Giusto, che è rimasto attivo per lungo tempo.
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