Le regole della corretta alimentazione nello sport spesso sono applicate senza il giusto equilibrio per ottenere una migliore performance o un corpo più snello e “leggero”; questo perché spesso manca una guida professionale corretta ed il rischio è che nasca un’associazione tra un eccessivo esercizio fisico e una dieta non salutare. La conseguenza ovviamente è la successiva comparsa di disturbi alimentari e, come effetti estremi, patologie specifiche quali bulimia, anoressia, obesità, ortoressia.
Il cambiamento delle abitudini alimentari può rappresentare un grande shock per i giovani atleti, questo perché cibo e alimentazione non hanno solo un valore nutrizionale nella nostra società, ma anche un valore simbolico, culturale e appunto sociale.
Corrette abitudini alimentari tramandate dai familiari, unite a regolare pratica di movimento e sport promuovono fin da piccoli l’adozione di un corretto stile di vita che più facilmente verrà mantenuto dal ragazzo in età evolutiva e successivamente adulta.
Le regole generali della corretta alimentazione sono le solite quasi banalizzate, ovvero:
– fare cinque pasti al giorno senza saltare la prima colazione;
-variare le scelte alimentari il più possibile limitando l’uso della carne;
– consumare frutta e verdura fresca di stagione;
– assumere latte e derivati per rinforzare le ossa (se possibile);
-idratarsi.
Questi come principi base validi per tutti in generale. Nel caso dello sportivo si apre un universo parallelo di alimentazione sportiva che a volte se mal gestita perde di vista proprio questi principi di base, gli obiettivi e in casi estremi anche la salute dell’atleta.
Nello sport praticato a livello agonistico non è affatto facile mantenere questo sano equilibrio, soprattutto negli sport di giudizio. È lì che proliferano i DCA. Anche questo caso il Tecnico Sportivo deve:
Osservare (sempre) le condizioni psicofisiche degli atleti e accorgersi dei primi segnali di disturbi alimentari che si manifestano per qualsiasi motivo, siano essi legati al cambiamento fisico, alle relazioni sociali, a una percezione reale o immaginaria del proprio corpo, alle aspettative degli adulti o a maggior ragione alle aspettative di gara e competizione. Nell’agonismo dove lo stress da competizione e l’ansia per la prestazione sono alti, questi favoriscono l’uso precoce (e scorretto) di integratori, che se non gestito correttamente sfocia in abusi o nei casi più gravi, e dove è possibile, nel doping.
Agli atleti agonistici in fase di formazione va spiegato che non esistono alimenti specifici, ma solo abitudini alimentari buone o cattive che eventualmente possono ottimizzare o compromettere anche il rendimento sportivo, oltre che prima di tutto la loro salute appunto.
L’allenatore deve saper affrontare l’argomento, dare consigli, sciogliere dubbi e rispondere a domande ma soprattutto avvalersi di un professionista come supporto e guida per la squadra da coinvolgere nel momento opportuno o come abitudine organizzando giornate a tema, incontri e workshop con gli atleti; come invece, in caso dell’insorgere di strane manifestazioni (ipotetici disturbi alimentari appunto) invece deve essere pronto al coinvolgimento delle famiglie e alla richiesta di supporto medico.
Se opportunamente valorizzata, la costruzione delle proprie abitudini alimentari può fornire un’occasione di scoperta di nuovi e sani stili alimentari, ma anche di divertimento alla ricerca della variazione e del cambiamento.
PER SAPERNE DI PIÚ
sportesalute.eu – La relazione tra alimentazione e sport.
salute.gov.it – La pubblicazione del Ministero della Salute con le “Linee di indirizzo nazionali per la riabilitazione nutrizionale nei disturbi dell’alimentazione”.
La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
- L’articolo 24 dispone che ogni Stato riconosca il diritto del minorenne di godere del miglior stato di salute